Limiti legali alla proprietà privata, delle distanze nelle
costruzioni, piantagioni e scavi, e dei muri, fossi siepi
interposti tra i fondi
I limiti legali posti dall’ordinamento giuridico si distinguono i due grandi
categorie, limiti posti nell’interesse pubblico e limiti posti nell’interesse
privato.


I primi sono naturalmente quelli di gran lunga i più importanti,
pensiamo allo sfruttamento del sottosuolo, pur estendendosi la proprietà
in senso verticale all’infinito o conseguentemente al passaggio degli aeri,
ma anche le distanze legali tra le costruzioni oppure dalle autostrade,
dagli aeroporti, oppure le soggezioni ed imposizioni sì di un fondo per
assicurare le utilità pubbliche come i tralicci della corrente elettrica o gli
acquedotti.


Merita ovviamente particolare attenzione l’espropriazione per pubblica
utilità, pensiamo alla costruzione di una autostrada.

In questo caso per l’attuazione delle opere pubbliche lo stato ricorre
appunto all’espropriazione, ossia un trasferimento coatto di beni oggetto
della proprietà a favore del soggetto che realizzerà l’opera pubblica.


Il proprietario ha diritto ad un indennizzo.

L’art.42 della costituzione dispone che la proprietà privata può essere,
nei casi previsti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi di
interesse generale.


I limiti posti nell’interesse privato concernono la proprietà immobiliare e
regolano i rapporti tra le proprietà vicine e sono disciplinati dagli artt.
873 e seguenti del codice civile: le distanze nelle costruzioni e nelle
piantagioni che nel caso non siano disciplinati dalle pubbliche
amministrazioni non possono essere inferiori ai tre metri.


Si riportano ora per intero tutti gli articoli del codice civile riguardanti i
limiti.


Art. 873.
Distanze nelle costruzioni.

Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono
essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali
può essere stabilita una distanza maggiore .


Art. 874.
Comunione forzosa del muro sul confine.

Il proprietario di un fondo contiguo al muro altrui può chiederne la
comunione per tutta l’altezza o per parte di essa, purché lo faccia per
tutta l’estensione della sua proprietà. Per ottenere la comunione deve
pagare la metà del valore del muro, o della parte di muro resa comune,
e la metà del valore del suolo su cui il muro è costruito. Deve inoltre
eseguire le opere che occorrono per non danneggiare il vicino.


Art. 875.
Comunione forzosa del muro che non è sul confine.

Quando il muro si trova ad una distanza dal confine minore di un
metro e mezzo ovvero a distanza minore della metà di quella stabilita
dai regolamenti locali, il vicino può chiedere la comunione del muro
soltanto allo scopo di fabbricare contro il muro stesso, pagando, oltre il
valore della metà del muro, il valore del suolo da occupare con la
nuova fabbrica, salvo che il proprietario preferisca estendere il suo
muro sino al confine .
Il vicino che intende domandare la comunione deve interpellare
preventivamente il proprietario se preferisca di estendere il muro al
confine o di procedere alla sua demolizione. Questi deve manifestare la
propria volontà entro il termine di giorni quindici e deve procedere
alla costruzione o alla demolizione entro sei mesi dal giorno in cui ha
comunicato la risposta.


Art. 876.
Innesto nel muro sul confine.
Se il vicino vuole servirsi del muro esistente sul confine solo per
innestarvi un capo del proprio muro, non ha l’obbligo di renderlo
comune a norma dell’articolo 874, ma deve pagare una indennità per
l’innesto.

Art. 877.
Costruzioni in aderenza.

Il vicino, senza chiedere la comunione del muro posto sul confine, può
costruire sul confine stesso in aderenza, ma senza appoggiare la sua
fabbrica a quella preesistente.
Questa norma si applica anche nel caso previsto dall’articolo 875; il
vicino in tal caso deve pagare soltanto il valore del suolo.


Art. 878.
Muro di cinta.

Il muro di cinta e ogni altro muro isolato che non abbia un’altezza
superiore ai tre metri non è considerato per il computo della distanza
indicata dall’articolo 873.
Esso, quando è posto sul confine, può essere reso comune anche a scopo
d’appoggio, purché non preesista al di là un edificio a distanza
inferiore ai tre metri.


Art. 879.
Edifici non soggetti all’obbligo delle distanze o a comunione
forzosa.

Alla comunione forzosa non sono soggetti gli edifici appartenenti al
demanio pubblico e quelli soggetti allo stesso regime, né gli edifici che
sono riconosciuti di interesse storico, archeologico o artistico, a norma
delle leggi in materia. Il vicino non può neppure usare della facoltà
concessa dall’articolo 877.
Alle costruzioni che si fanno in confine con le piazze e le vie pubbliche
non si applicano le norme relative alle distanze, ma devono osservarsi
le leggi e i regolamenti che le riguardano .


Art. 880.
Presunzione di comunione del muro divisorio.

Il muro che serve di divisione tra edifici si presume comune fino alla
sua sommità e, in caso di altezze ineguali, fino al punto in cui uno degli
edifici comincia ad essere più alto.
Si presume parimenti comune il muro che serve di divisione tra cortili,
giardini e orti o tra recinti nei campi.


Art. 881.
Presunzione di proprietà esclusiva del muro divisorio.

Si presume che il muro divisorio tra i campi, cortili, giardini od orti
appartenga al proprietario del fondo verso il quale esiste il piovente e
in ragione del piovente medesimo.
Se esistono sporti, come cornicioni, mensole e simili, o vani che si
addentrano oltre la metà della grossezza del muro, e gli uni e gli altri
risultano costruiti col muro stesso, si presume che questo spetti al
proprietario dalla cui parte gli sporti o i vani si presentano, anche se vi
sia soltanto qualcuno di tali segni.
Se uno o più di essi sono da una parte, e uno o più dalla parte opposta,
il muro è reputato comune: in ogni caso la positura del piovente
prevale su tutti gli altri indizi.


Art. 882.
Riparazioni del muro comune.

Le riparazioni e le ricostruzioni necessarie del muro comune sono a
carico di tutti quelli che vi hanno diritto e in proporzione del diritto di
ciascuno, salvo che la spesa sia stata cagionata dal fatto di uno dei
partecipanti.
Il comproprietario di un muro comune può esimersi dall’obbligo di
contribuire nelle spese di riparazione e ricostruzione, rinunziando al
diritto di comunione, purché il muro comune non sostenga un edificio
di sua spettanza.
La rinunzia non libera il rinunziante dall’obbligo delle riparazioni e
ricostruzioni a cui abbia dato causa col fatto proprio.


Art. 883.
Abbattimento di edificio appoggiato al muro comune.

Il proprietario che vuole atterrare un edificio sostenuto da un muro
comune può rinunziare alla comunione di questo, ma deve farvi le
riparazioni e le opere che la demolizione rende necessarie per evitare
ogni danno al vicino.


Art. 884.
Appoggio e immissione di travi e catene nel muro comune.

Il comproprietario di un muro comune può fabbricare appoggiandovi
le sue costruzioni e può immettervi travi, purché le mantenga a
distanza di cinque centimetri dalla superficie opposta, salvo il diritto
dell’altro comproprietario di fare accorciare la trave fino alla metà del
muro, nel caso in cui egli voglia collocare una trave nello stesso luogo,
aprirvi un incavo o appoggiarvi un camino. Il comproprietario può
anche attraversare il muro comune con chiavi e catene di rinforzo,
mantenendo la stessa distanza. Egli è tenuto in ogni caso a riparare i
danni causati dalle opere compiute.
Non può fare incavi nel muro comune, né eseguirvi altra opera che ne
comprometta la stabilità o che in altro modo lo danneggi.


Art. 885.
Innalzamento del muro comune.

Ogni comproprietario può alzare il muro comune, ma sono a suo
carico tutte le spese di costruzione e conservazione della parte
sopraedificata. Anche questa può dal vicino essere resa comune a
norma dell’articolo 874.
Se il muro non è atto a sostenere la sopraedificazione, colui che l’esegue
è tenuto a ricostruirlo o a rinforzarlo a sue spese. Per il maggiore
spessore che sia necessario, il muro deve essere costruito sul suolo
proprio, salvo che esigenze tecniche impongano di costruirlo su quello
del vicino. In entrambi i casi il muro ricostruito o ingrossato resta di
proprietà comune, e il vicino deve essere indennizzato di ogni danno
prodotto dall’esecuzione delle opere. Nel secondo caso il vicino ha
diritto di conseguire anche il valore della metà del suolo occupato per il
maggiore spessore.
Qualora il vicino voglia acquistare la comunione della parte
sopraelevata del muro, si tiene conto, nel calcolare il valore di questa,
anche delle spese occorse per la ricostruzione o per il rafforzamento.


Art. 886.
Costruzione del muro di cinta.

Ciascuno può costringere il vicino a contribuire per metà nella spesa di
costruzione dei muri di cinta che separano le rispettive case, i cortili e i
giardini posti negli abitati. L’altezza di essi, se non è diversamente
determinata dai regolamenti locali o dalla convenzione, deve essere di
tre metri.


Art. 887.
Fondi a dislivello negli abitati.

Se di due fondi posti negli abitati uno è superiore e l’altro inferiore, il
proprietario del fondo superiore deve sopportare per intero le spese di
costruzione e conservazione del muro dalle fondamenta all’altezza del
proprio suolo, ed entrambi i proprietari devono contribuire per tutta la
restante altezza.
Il muro deve essere costruito per metà sul terreno del fondo inferiore e
per metà sul terreno del fondo superiore.


Art. 888.
Esonero dal contributo nelle spese.

Il vicino si può esimere dal contribuire nelle spese di costruzione del
muro di cinta o divisorio, cedendo, senza diritto a compenso, la metà
del terreno su cui il muro di separazione deve essere costruito. In tal
caso il muro è di proprietà di colui che l’ha costruito, salva la facoltà
del vicino di renderlo comune ai sensi dell’articolo 874, senza obbligo
però di pagare la metà del valore del suolo su cui il muro è stato
costruito.


Art. 889.
Distanze per pozzi, cisterne, fosse e tubi.

Chi vuole aprire pozzi, cisterne, fosse di latrina o di concime presso il
confine, anche se su questo si trova un muro divisorio, deve osservare
la distanza di almeno due metri tra il confine e il punto più vicino del
perimetro interno delle opere predette.
Per i tubi d’acqua pura o lurida, per quelli di gas e simili e loro
diramazioni deve osservarsi la distanza di almeno un metro dal
confine.
Sono salve in ogni caso le disposizioni dei regolamenti locali.


Art. 890.
Distanze per fabbriche e depositi nocivi o pericolosi.

Chi presso il confine, anche se su questo si trova un muro divisorio,
vuole fabbricare forni, camini, magazzini di sale, stalle e simili, o vuol
collocare materie umide o esplodenti o in altro modo nocive, ovvero
impiantare macchinari, per i quali può sorgere pericolo di danni, deve
osservare le distanze stabilite dai regolamenti e, in mancanza, quelle
necessarie a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità,
salubrità e sicurezza.


Art. 891.
Distanze per canali e fossi.

Chi vuole scavare fossi o canali presso il confine, se non dispongono in
modo diverso i regolamenti locali, deve osservare una distanza eguale
alla profondità del fosso o canale. La distanza si misura dal confine al
ciglio della sponda più vicina, la quale deve essere a scarpa naturale
ovvero munita di opere di sostegno. Se il confine si trova in un fosso
comune o in una via privata, la distanza si misura da ciglio a ciglio o
dal ciglio al lembo esteriore della via .


Art. 892.
Distanze per gli alberi.

Chi vuol piantare alberi presso il confine deve osservare le distanze
stabilite dai regolamenti e, in mancanza, dagli usi locali. Se gli uni e gli
altri non dispongono, devono essere osservate le seguenti distanze dal
confine:
1) tre metri per gli alberi di alto fusto. Rispetto alle distanze, si
considerano alberi di alto fusto quelli il cui fusto, semplice o diviso in
rami, sorge ad altezza notevole, come sono i noci, i castagni, le querce, i
pini, i cipressi, gli olmi, i pioppi, i platani e simili ;
2) un metro e mezzo per gli alberi di non alto fusto. Sono reputati tali
quelli il cui fusto, sorto ad altezza non superiore a tre metri, si diffonde
in rami;
3) mezzo metro per le viti, gli arbusti, le siepi vive, le piante da frutto di
altezza non maggiore di due metri e mezzo.
La distanza deve essere però di un metro, qualora le siepi siano di
ontano, di castagno o di altre piante simili che si recidono
periodicamente vicino al ceppo, e di due metri per le siepi di robinie.
La distanza si misura dalla linea del confine alla base esterna del
tronco dell’albero nel tempo della piantagione, o dalla linea stessa al
luogo dove fu fatta la semina.
Le distanze anzidette non si devono osservare se sul confine esiste un
muro divisorio, proprio o comune, purché le piante siano tenute ad
altezza che non ecceda la sommità del muro .


Art. 893.
Alberi presso strade, canali e sul confine di boschi.

Per gli alberi che nascono o si piantano nei boschi, sul confine con
terreni non boschivi, o lungo le strade o le sponde dei canali, si
osservano, trattandosi di boschi, canali e strade di proprietà privata, i
regolamenti e, in mancanza, gli usi locali. Se gli uni e gli altri non
dispongono, si osservano le distanze prescritte dall’articolo precedente.


Art. 894.
Alberi a distanza non legale.

Il vicino può esigere che si estirpino gli alberi e le siepi che sono
piantati o nascono a distanza minore di quelle indicate dagli articoli
precedenti .


Art. 895.
Divieto di ripiantare alberi a distanza non legale.

Se si è acquistato il diritto di tenere alberi a distanza minore di quelle
sopra indicate, e l’albero muore o viene reciso o abbattuto, il vicino non
può sostituirlo, se non osservando la distanza legale.
La disposizione non si applica quando gli alberi fanno parte di un
filare situato lungo il confine.


Art. 896.
Recisione di rami protesi e di radici.

Quegli sul cui fondo si protendono i rami degli alberi del vicino può in
qualunque tempo costringerlo a tagliarli, e può egli stesso tagliare le
radici che si addentrano nel suo fondo, salvi però in ambedue i casi i
regolamenti e gli usi locali.
Se gli usi locali non dispongono diversamente, i frutti naturalmente
caduti dai rami protesi sul fondo del vicino appartengono al
proprietario del fondo su cui sono caduti.
Se a norma degli usi locali i frutti appartengono al proprietario
dell’albero, per la raccolta di essi si applica il disposto dell’articolo 843.


Art. 896-bis.
Distanze minime per gli apiari.

Gli apiari devono essere collocati a non meno di dieci metri da strade
di pubblico transito e a non meno di cinque metri dai confini di
proprietà pubbliche o private.
Il rispetto delle distanze di cui al primo comma non è obbligatorio se
tra l’apiario e i luoghi ivi indicati esistono dislivelli di almeno due metri
o se sono interposti, senza soluzioni di continuità, muri, siepi o altri
ripari idonei a non consentire il passaggio delle api. Tali ripari devono
avere una altezza di almeno due metri. Sono comunque fatti salvi gli
accordi tra le parti interessate.
Nel caso di accertata presenza di impianti industriali saccariferi, gli
apiari devono rispettare una distanza minima di un chilometro dai
suddetti luoghi di produzione.


Art. 897.
Comunione di fossi.

Ogni fosso interposto tra due fondi si presume comune.
Si presume che il fosso appartenga al proprietario che se ne serve per
gli scoli delle sue terre, o al proprietario del fondo dalla cui parte è il
getto della terra o lo spurgo ammucchiatovi da almeno tre anni.
Se uno o più di tali segni sono da una parte e uno o più dalla parte
opposta, il fosso si presume comune.


Art. 898.
Comunione di siepi.

Ogni siepe tra due fondi si presume comune ed è mantenuta a spese
comuni, salvo che vi sia termine di confine o altra prova in contrario.
Se uno solo dei fondi è recinto, si presume che la siepe appartenga al
proprietario del fondo recinto, ovvero di quello dalla cui parte si trova
la siepe stessa in relazione ai termini di confine esistenti.


Art. 899.
Comunione di alberi.

Gli alberi sorgenti nella siepe comune sono comuni.
Gli alberi sorgenti sulla linea di confine si presumono comuni, salvo
titolo o prova in contrario.
Gli alberi che servono di limite o che si trovano nella siepe comune non
possono essere tagliati, se non di comune consenso o dopo che
l’autorità giudiziaria abbia riconosciuto la necessità o la convenienza
del taglio.

Limiti legali proprietà privata


Dott. Piero Antonio Esposito

Limiti legali proprietà privata
corsi amministratore condominiale

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