Comunione ordinaria dei diritti
La comunione ordinaria è un regime giuridico che si distingue dalla
comunione legale dei coniugi e dà ad oggetto tutti i diritti reali: in
mancanza di patto contrario tra le parti, si applica una disciplina del
codice civile.


Di fondamentale importanza costituiscono i principi secondo cui le
quote dei partecipanti alla comunione si presumono uguali, ciascun
partecipante può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la
destinazione e non ne impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti
uso, e secondo cui ciascun comunista può disporre del proprio diritto nei
limiti della propria quota.


Organi fondamentali della comunione sono l’Amministratore e
l’assemblea dei comunisti.


Per una maggior comprensione, si riportano gli art. dal 1100 al 1116 del
codice civile.


Art. 1100.
Norme regolatrici.

Quando la proprietà o altro diritto reale spetta in comune a più
persone, se il titolo o la legge non dispone diversamente, si applicano le
norme seguenti.


Art. 1101.
Quote dei partecipanti.

Le quote dei partecipanti alla comunione si presumono eguali.
Il concorso dei partecipanti, tanto nei vantaggi quanto nei pesi della
comunione, è in proporzione delle rispettive quote.


Art. 1102.
Uso della cosa comune.

Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne
alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne
parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie
spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa.
Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in
danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il
titolo del suo possesso.


Art. 1103.
Disposizione della quota.

Ciascun partecipante può disporre del suo diritto e cedere ad altri il
godimento della cosa nei limiti della sua quota.
Per le ipoteche costituite da uno dei partecipanti si osservano le
disposizioni contenute nel capo IV del titolo III del libro VI.


Art. 1104.
Obblighi dei partecipanti.

Ciascun partecipante deve contribuire nelle spese necessarie per la
conservazione e per il godimento della cosa comune e nelle spese
deliberate dalla maggioranza a norma delle disposizioni seguenti,
salva la facoltà di liberarsene con la rinunzia al suo diritto.
La rinunzia non giova al partecipante che abbia anche tacitamente
approvato la spesa.
Il cessionario del partecipante è tenuto in solido con il cedente a pagare
i contributi da questo dovuti e non versati.


Art. 1105.
Amministrazione.

Tutti i partecipanti hanno diritto di concorrere nell’amministrazione
della cosa comune.
Per gli atti di ordinaria amministrazione le deliberazioni della
maggioranza dei partecipanti, calcolata secondo il valore delle loro
quote, sono obbligatorie per la minoranza dissenziente .
Per la validità delle deliberazioni della maggioranza si richiede che
tutti i partecipanti siano stati preventivamente informati dell’oggetto
della deliberazione.
Se non si prendono i provvedimenti necessari per l’amministrazione
della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero se la
deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può
ricorrere all’autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di
consiglio e può anche nominare un amministratore.


Art. 1106.
Regolamento della comunione e nomina di amministratore.

Con la maggioranza calcolata nel modo indicato dall’articolo
precedente, può essere formato un regolamento per l’ordinaria
amministrazione e per il miglior godimento della cosa comune.
Nello stesso modo l’amministrazione può essere delegata ad uno o più
partecipanti, o anche a un estraneo, determinandosi i poteri e gli
obblighi dell’amministratore.


Art. 1107.
Impugnazione del regolamento.
Ciascuno dei partecipanti dissenzienti può impugnare davanti
all’autorità giudiziaria il regolamento della comunione entro trenta
giorni dalla deliberazione che lo ha approvato. Per gli assenti il
termine decorre dal giorno in cui è stata loro comunicata la
deliberazione. L’autorità giudiziaria decide con unica sentenza sulle
opposizioni proposte.
Decorso il termine indicato dal comma precedente senza che il
regolamento sia stato impugnato, questo ha effetto anche per gli eredi
e gli aventi causa dai singoli partecipanti.


Art. 1108.
Innovazioni e altri atti eccedenti l’ordinaria
amministrazione.

Con deliberazione della maggioranza dei partecipanti che rappresenti
almeno due terzi del valore complessivo della cosa comune, si possono
disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento della cosa o a
renderne più comodo o redditizio il godimento, purché esse non
pregiudichino il godimento di alcuno dei partecipanti e non importino
una spesa eccessivamente gravosa.
Nello stesso modo si possono compiere gli altri atti eccedenti
l’ordinaria amministrazione, sempre che non risultino pregiudizievoli
all’interesse di alcuno dei partecipanti.
E’ necessario il consenso di tutti i partecipanti per gli atti di alienazione
o di costituzione di diritti reali sul fondo comune e per le locazioni di
durata superiore a nove anni.
L’ipoteca può essere tuttavia consentita dalla maggioranza indicata
dal primo comma, qualora abbia lo scopo di garantire la restituzione
delle somme mutuate per la ricostruzione o per il miglioramento della
cosa comune.


Art. 1109.
Impugnazione delle deliberazioni.

Ciascuno dei componenti la minoranza dissenziente può impugnare
davanti all’autorità giudiziaria le deliberazioni della maggioranza:
1) nel caso previsto dal secondo comma dell’articolo 1105, se la
deliberazione è gravemente pregiudizievole alla cosa comune;
2) se non è stata osservata la disposizione del terzo comma dell’articolo
1105;
3) se la deliberazione relativa a innovazioni o ad altri atti eccedenti
l’ordinaria amministrazione è in contrasto con le norme del primo e del
secondo comma dell’articolo 1108.
L’impugnazione deve essere proposta, sotto pena di decadenza, entro
trenta giorni dalla deliberazione. Per gli assenti il termine decorre dal
giorno in cui è stata loro comunicata la deliberazione. In pendenza del
giudizio, l’autorità giudiziaria può ordinare la sospensione del
provvedimento deliberato.


Art. 1110.
Rimborso di spese.

Il partecipante che, in caso di trascuranza degli altri partecipanti o
dell’amministratore, ha sostenuto spese necessarie per la
conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso.


Art. 1111.
Scioglimento della comunione.

Ciascuno dei partecipanti può sempre domandare lo scioglimento della
comunione; l’autorità giudiziaria può stabilire una congrua dilazione,
in ogni caso non superiore a cinque anni, se l’immediato scioglimento
può pregiudicare gli interessi degli altri.
Il patto di rimanere in comunione per un tempo non maggiore di dieci
anni è valido e ha effetto anche per gli aventi causa dai partecipanti. Se
è stato stipulato per un termine maggiore, questo si riduce a dieci anni.
Se gravi circostanze lo richiedono, l’autorità giudiziaria può ordinare
lo scioglimento della comunione prima del tempo convenuto.


Art. 1112.
Cose non soggette a divisione.

Lo scioglimento della comunione non può essere chiesto quando si
tratta di cose che, se divise, cesserebbero di servire all’uso a cui sono
destinate.


Art. 1113.
Intervento nella divisione e opposizioni.

I creditori e gli aventi causa da un partecipante possono intervenire
nella divisione a proprie spese, ma non possono impugnare la divisione
già eseguita, a meno che abbiano notificato un’opposizione
anteriormente alla divisione stessa e salvo sempre ad essi
l’esperimento dell’azione revocatoria o dell’azione surrogatoria.
Nella divisione che ha per oggetto beni immobili, l’opposizione, per
l’effetto indicato dal comma precedente, deve essere trascritta prima
della trascrizione dell’atto di divisione e, se si tratta di divisione
giudiziale, prima della trascrizione della relativa domanda.
Devono essere chiamati a intervenire, perché la divisione abbia effetto
nei loro confronti, i creditori iscritti e coloro che hanno acquistato
diritti sull’immobile in virtù di atti soggetti a trascrizione e trascritti
prima della trascrizione dell’atto di divisione o della trascrizione della
domanda di divisione giudiziale.
Nessuna ragione di prelevamento in natura per crediti nascenti dalla
comunione può opporsi contro le persone indicate dal comma
precedente, eccetto le ragioni di prelevamento nascenti da titolo
anteriore alla comunione medesima, ovvero da collazione.


Art. 1114.
Divisione in natura.

La divisione ha luogo in natura, se la cosa può essere comodamente
divisa in parti corrispondenti alle quote dei partecipanti.


Art. 1115.
Obbligazioni solidali dei partecipanti.

Ciascun partecipante può esigere che siano estinte le obbligazioni in
solido contratte per la cosa comune, le quali siano scadute o scadano
entro l’anno dalla domanda di divisione.
La somma per estinguere le obbligazioni si preleva dal prezzo di
vendita della cosa comune, e, se la divisione ha luogo in natura, si
procede alla vendita di una congrua frazione della cosa, salvo diverso
accordo tra i condividenti.
Il partecipante che ha pagato il debito in solido e non ha ottenuto il
rimborso concorre nella divisione per una maggiore quota
corrispondente al suo diritto verso gli altri condividenti.


Art. 1116.
Applicabilità delle norme sulla divisione ereditaria.

Alla divisione delle cose comuni si applicano le norme sulla divisione
dell’eredità, in quanto non siano in contrasto con quelle sopra stabilite.

Comunione ordinaria dei diritti


Dott. Piero Antonio Esposito

Comunione ordinaria dei diritti

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.