Approvazione e modifica delle tabelle millesimali
Approvazione e modifica delle tabelle millesimali
La giurisprudenza in passato ha stabilito che le tabelle esprimono una
La giurisprudenza in passato ha stabilito che le tabelle esprimono una
valutazione sul valore delle singole proprietà immobiliari, e pertanto
queste ultime hanno contenuto negoziale e dovevano essere sempre
approvate all’unanimità.
Anche la loro redazione o modifica, in sede giudiziaria, richiedeva
l’intervento dei singoli condomini. (Cass. 3967/84, Cass. 1057/85, T. MI
21/12/92, Cass. 1602/95, T. Roma, 4/3/97).
Ciò comportava che fosse sempre necessaria l’unanimità dei condomini
per l’approvazione o la modifica di tabelle e, in mancanza, ogni singolo
condomino poteva adire l’Autorità Giudiziaria affinché provvedesse,
citando ogni singolo condomino (e non l’Amministrazione) davanti al
Giudice.
Pratica normalmente non gradita ai condomini, per le spese che essa
comportava.
Per lungo tempo anche la Suprema Corte ha fatto riferimento alla natura
negoziale dell’atto di approvazione delle tabelle millesimali, nel senso
che, pur non potendo essere considerato come contratto, non avendo
carattere dispositivo (in quanto con esso i condomini, almeno di solito,
non intendono in alcun modo modificare la portata dei loro rispettivi
diritti e obblighi di partecipazione alla vita del condominio, ma
intendono soltanto determinare quantitativamente tale portata), deve
essere inquadrato nella categoria dei negozi di accertamento, con
conseguente necessità del consenso di tutti i condomini (sent. 8 luglio
1964 n. 1801).
Tuttavia, anche nella precedente giurisprudenza della Corte le
deliberazioni in materia di modifiche alle tabelle millesimali adottate
dalla assemblea, sia a maggioranza sia all’unanimità dei soli condomini
presenti, configuravano una ipotesi di nullità soltanto relativa, in quanto
non opponibile dai condomini consenzienti.
Già in passato le modifiche non votate all’unanimità non erano del tutto
prive di efficacia, in quanto obbligavano tutti coloro che avevano votato
a favore della modifica, ad accettare una ripartizione delle spese
conseguente alle nuove tabelle.
Almeno la Suprema Corte applicava questo orientamento, laddove più di
frequente i tribunali di primo grado e di appello annullavano le delibere
richiedendo l’unanimità dei consensi.
La sentenza 18.477 del 9 agosto 2010 delle sezioni unite della Corte di
Cassazione inverte questo orientamento e sostiene che l’approvazione o
modifica delle tabelle millesimali non è un negozio di accertamento del
diritto di proprietà sulle singole unità immobiliari e sulle parti comuni,
la tabella millesimale serve solo a esprimere in precisi termini aritmetici
un già preesistente rapporto di valore tra i diritti dei vari condomini,
senza incidere in alcun modo su tali diritti:
• non accerta nessun diritto di proprietà, i quali sono desumibili da
altri atti pubblici di maggior forza, come un rogito notarile (per
compravendita o permuta), oppure il condono edilizio di una parte
costruita abusivamente;
• non ha natura negoziale, perché viene meno la caratteristica
propria del negozio giuridico della conformazione della realtà
oggettiva alla volontà delle parti.
• Non solo sono predeterminati da altri atti i diritti di proprietà, ma
anche l’obbligo contributivo del condomino sarebbe calcolabile
anche senza votazione delle parti in quanto determinato dalla
legge, che con una precisa normativa tecnica identifica rapporto di
valore fra questi diritti di proprietà.
• L’atto di approvazione delle tabelle fa capo a una documentazione
ricognitiva di tale realtà ed è un parametro dì quantificazione
dell’obbligo contributivo del condomino, determinato in base a una
valutazione tecnica.
Poiché la delibera assembleare non è un negozio di accertamento (e
nemmeno un contratto) per la modifica non è obbligatoria l’unanimità
degli aventi diritto o dei presenti in assemblea né la forma scritta.
Per la modifica dei valori delle tabelle millesimali si applica l’art. 1136
comma 2 del codice civile, e quindi è sufficiente una maggioranza non
qualificata, raggiungere il doppio requisito che votino a favore la
maggioranza dei presenti all’assemblea (voto capitario) e che questa
maggioranza a favore rappresenti i 500/1000 del condominio ove si
decidono le modifiche.
Vengono operate delle interpretazioni restrittive della portata della
sentenza, sottolineando che non possono essere modificate a
maggioranza le tabelle millesimali:
• riguardanti i diritti di proprietà e il godimento delle parti comuni,
perché sarebbe leso un diritto soggettivo indisponibile, che non
può essere rimesso alla volontà della maggioranza.
• Queste tabelle tipicamente si utilizzano per la ripartizione di spese
straordinarie.
• La Cassazione sostiene che:
in presenza di tabelle millesimali derivanti da un precedente atto
negoziale votato all’unanimità dei condomini (laddove il
regolamento condominiale non preveda esplicitamente la
possibilità di una modifica a maggioranza), in base al principio
generale che un contratto letto, approvato e sottoscritto, salvo
diversa indicazione, non è modificabile o rescindibile
unilateralmente senza il consenso unanime dei contraenti.
La modifica a maggioranza delle tabelle millesimali sarebbe invece lecita
per la divisione delle spese ordinarie, che comunque costituiscono la
quota prevalente del bilancio condominiale e delle rate degli inquilini.
Il requisito è diverso da quello per la validità dell’assemblea: perché
l’assemblea sia valida i presenti devono rappresentare i 500/1000 della
proprietà, mentre per modificare le tabelle millesimali i votanti a favore
devono rappresentare i 500/1000. Resta sempre inteso il doppio
requisito prescritto nell’art. 1136 c.c..
La sentenza nasce con l’obiettivo dichiarato di ridurre i contenziosi
derivanti da lavori abusivi e successivamente condonati che impediscono
ai condomini di adeguare le tabelle millesimali perché manca il voto del
proprietario interessato.
Tuttavia, la diminuzione e l’opportunità della modificazione delle tabelle
millesimali apre scenari differenti:
• da una parte diminuiranno i contenziosi giudiziari ex art. 69
disposizioni di attuazione del C.C., cioè quelli per cui non potendo
raggiungere l’unanimità, dovendo per forza svantaggiare qualche
condomino che gode di una situazione favorevole, è necessario
ricorrere alla autorità giudiziaria. Ad esempio, dovuti alle
trasformazioni di spazi non residenziali come balconi e terrazze in
verande e quindi residenziali (tali da aumentare la quota di
proprietà condominiale) ovvero per le trasformazioni urbanistiche
dei sottotetti in mansarde.
• dall’altra parte potrebbe creare altri tipi di contenziosi, ad esempio,
per eventuali accordi tra condomini che riuniti in una maggioranza
semplice e con un tecnico compiacente, potrebbe portare ad
adottare quote millesimali ingiuste ma favorevoli a questi ultimi.
Il condomino che ritiene di avere subito un aumento illegittimo dei
millesimi di proprietà a suo carico può impugnare la delibera e ottenere
dal giudice la sospensione, per la quale l’Amministrazione è tenuto
all’applicazione delle tabelle preesistenti, fino all’accertamento
definitivo.
Il combinato disposto di questa sentenza e della Cass. civ., Sez. un.,
Sentenza 8 aprile 2008, n. 9148), comporta che la ripartizione pro quota
delle spese non pagate da un singolo condomino può diventare una mera
tutela formale, perché si possono cambiare le tabelle in modo che alcuni
condomini paghino più di altri per un proprietario moroso.
Prima di questa sentenza, il singolo condomino non poteva essere
chiamato ad anticipare più di una cifra massima nota, corrispondente al
debito del condomino moroso ripartito per i suoi millesimi di proprietà
(non modificabili se non all’unanimità), una mera tutela formale.
Approvazione e modifica delle tabelle millesimali
Dott. Piero Antonio Esposito

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