Condomini morosi
Nei confronti dei condomini in ritardo col pagamento delle spese
condominiali, dopo 6 mesi dal rendiconto in cui risulta la morosità
(entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è
compreso.), l’Amministrazione ha l’obbligo di agire per la riscossione
forzosa delle somme dovute dagli obbligati, cioè richiedere il decreto
ingiuntivo, salvo dispensa assembleare (art. 1129 cod. civile), preceduto
da eventuale sollecito di pagamento.
In caso di opposizione del condomino moroso al decreto ingiuntivo,
grava su questi (Cass. 3 dicembre 2015 n. 24629) l’onere di attivare la
procedura di mediazione, obbligatoria come condizione di procedibilità
della domanda giudiziale.
Se l’ Amministrazione e il condomino insolvente si accordano con la
mediazione per estinguere il credito con il versamento di una quota
parte più bassa della somma in principio dovuta, e senza una delibera
dell’assemblea dei condomini in questione, gli altri condomini su cui
verrà ripartita pro quota la differenza, possono citare in giudizio
l’Amministrazione per il risarcimento del danno.
Sempre il nuovo art. 63 disp. attuative c.c. prevede che “i creditori (del
condominio) non possono agire nei confronti degli obbligati in regola
con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini”.
Dietro domanda dei creditori, l’ Amministrazione deve trasmettere loro i
dati e i nominativi dei condomini morosi: l’ Amministrazione è in ogni
caso il primo soggetto tenuto ad agire per il recupero.
Differentemente dal trascorso il creditore del fabbricato non può agire
verso un condomino qualsiasi, anche in regola coi pagamenti, che
anticipava la somma dovuta dai condomini morosi e poi doveva
risarcirsi su questi.
Per effetto della riforma, anche il creditore del condominio che decide di
agire per il recupero del credito, senza aspettare gli atti
dell’Amministrazione, deve escutere i condomini morosi.
In ogni caso, i condomini rispondono in solido per i debiti di quelli
morosi per un importo massimo determinato.
La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha stabilito in via definitiva il
principio della parziarietà o pro quota delle obbligazioni condominiali,
in sostituzione del principio di responsabilità solidale passiva (Cass. civ.,
Sez. un., Sentenza 8 aprile 2008, n. 9148).
Responsabilità pro quota non significa che i condomini rispondono
soltanto per la propria quota di spese condominiali, ossia non per i
condomini morosi: significa piuttosto che le somme mancanti per
morosità devono essere ripartite, in base ai millesimi di proprietà, fra
tutti i condomini, morosi e no.
Tuttavia, è illecito far anticipare ai soli condomini non morosi
l’ ammontare del debito, in quanto questo comporterebbe di addebitare
ad altri condomini una quota più alta ai loro millesimi di proprietà,
essendo questa maggiorata della quota relativa ai millesimi di proprietà
di quelli morosi.
Il creditore può esercitare avverso i condomini debitori nei suoi
confronti l’azione esecutiva per l’ intero ammontare, d’altronde non può
esercitare nei confronti degli altri azioni esecutive per importi superiori
al debito spettante ripartito rispetto ai millesimi di proprietà.
L’ ingiunzione include gli interessi legali, spese di sollecito e spese legali.
Riguardo alle spese legali riporto la seguente questione da approfondire:
È affetta da nullità – e quindi sottratta al termine di impugnazione
previsto dall’art. 1137 c.c., la deliberazione dell’assemblea condominiale
che incida sui diritti individuali di un condomino, come quella che ponga
a suo totale carico le spese del legale del condominio per una procedura
iniziata contro di lui, in mancanza di una sentenza che ne sancisca la
soccombenza, e detta nullità, a norma dell’art. 1421 c.c., può essere fatta
valere dallo stesso condomino che abbia partecipato all’assemblea
ancorché abbia espresso voto favorevole alla deliberazione, ove con tale
voto non si esprima l’assunzione o il riconoscimento di una sua
obbligazione, in ossequio alla sentenza dalla Corte suprema di
cassazione Civile, Sezione II, 6 ottobre 2008 n 24696.
Il creditore intraprenderà un’unica azione e notificherà l’ingiunzione di
pagamento contro il fabbricato e l’Amministrazione, suo legale
rappresentante, dovendo proseguire nei confronti dei singoli condomini
nella sola fase del pignoramento.
L’ Amministrazione può richiedere al giudice un decreto ingiuntivo di
versamento avverso i condomini morosi.
Se il valore della controversia non eccede 1.100 euro, la domanda può
essere proposta personalmente dall’Amministrazione (art. 82 c.p.c.);
negli altri casi sarà sempre necessaria l’assistenza di un avvocato.
Il decreto ingiuntivo per il pagamento di contributi condominiali
risultanti dallo stato di ripartizione approvato dall’assemblea può essere
richiesto con efficacia provvisoriamente esecutiva, perciò idoneo a
fondare una esecuzione forzata anche in pendenza di eventuale
opposizione presentata da controparte.
In questo modo, il creditore può recuperare in tempi rapidi quanto
dovuto e l’Amministrazione avere copertura per le altre spese
determinate dalla morosità (spese di sollecito, legali, ecc.), permettendo
ai condomini di anticipare al peggio somme limitate.
In alternativa, l’Amministrazione può, come in passato, procedere
d’ufficio a ripartire i deficit di cassa, penali e interessi di mora notificati
dai creditori, fra tutti i condomini, in base ai millesimi.
L’assemblea può denunciare l’Amministrazione per danno al
condominio, ovvero il condomino può chiedere il risarcimento del
danno, derivante dalla sua condotta negligente e omissiva che ha
comportato il mancato o ritardato recupero del credito, in base agli art.
1130 e 1131 c.c., che lo obbliga ad assicurare i servizi di condominio e alla
riscossione dei contributi.
Di nuovo, la norma è interpretabile in merito alla gestione delle morosità
oppure alla sola riscossione non coattiva delle quote condominiali.
La cattiva condotta sussiste ad esempio se non si è intentata alcuna
azione avverso i morosi, oppure se l’Amministrazione non si è avvalsa
delle speciali tutele che la legge riserva ai crediti condominiali, a maggior
ragione del fatto che questi non sono creditori privilegiati.
Per adottare criteri di ripartizione diversi dalla proporzionalità
(millesimi di proprietà), ad esempio per far anticipare il debito ai solo
condomini non morosi, occorre all’Amministrazione una delibera
assembleare (art. 1123 c.c.).
La delibera deve essere approvata di norma all’unanimità, a
maggioranza in situazione di urgenza, ad esempio se il creditore ha
iniziato azioni esecutive che, per un cessato pagamento del debito,
comporterebbero l’interruzione di servizi di condominio, ovvero, anche
in assenza di ingiunzioni di pagamento, se l’Amministrazione può
provare che il non avvenuto pagamento dei creditori comporta maggiori
oneri per l’intero condominio, quali per l’aumento degli interessi di
mora, o delle spese legali per la continuazione della causa.
La responsabilità personale dei condomini per le obbligazioni deliberate
dall’assemblea condominiale e dall’Amministrazione è una tematica
oggetto di un dibattito che dura da 50 anni.
In passato, la maggioranza dei provvedimenti della magistratura
decideva che i condomini sono responsabili in via solidale nei confronti
di qualunque creditore.
Se un condomino non pagava la propria parte di spese,
l’Amministrazione, esercitando diritto di rivalsa se aveva anticipato la
somma ai creditori, ovvero il creditore stesso poteva richiedere al
tribunale un decreto ingiuntivo e procedere al pignoramento verso uno o
più condomini a sua scelta, per il soddisfacimento del credito.
Come caso limite, poteva essere chiamato ad anticipare in tempi brevi il
completo importo mancante, ossia ingenti somme, un solo condomino.
La scelta poteva prescindere dalla sua condizione di reddito, dai
millesimi di proprietà o dal fatto che avesse pagato la propria quota di
spese condominiali.
Infatti, la suddivisione del debito dell’inadempiente su tutti i condomini,
in proporzione ai millesimi di proprietà per evitare un esagerato onere
su pochi, era un’opzione che il creditore e l’Amministrazione potevano
rifiutare.
Se un condomino non pagava la sua quota di spese, un creditore poteva
esercitare il diritto di rivalsa nei confronti di uno qualunque degli altri
condomini, a sua scelta.
Il provvedimento esecutivo poteva essere chiesto addirittura verso
condomini non nominati nella sentenza.
Tale condomino poteva esercitare il diritto di regresso nei confronti di
quello insolvente, per la somma che aveva dovuto anticipare.
I riferimenti normativi sono gli art. 1123, 1294, 1295 e 1314 c.c. Non
esiste, infatti, una normativa specifica in merito alla responsabilità dei
condomini nei confronti di creditori terzi.
L’art. 1123 c.c. indica che le spese per la conservazione e il godimento di
parti comuni si ripartiscono in proporzione ai millesimi di proprietà e
non specifica come fare se un proprietario ritarda o non paga le proprie
quote.
L’approvazione di criteri diversi da quello di proporzionalità deve
avvenire all’unanimità, per cui l’assemblea dei condomini non può
deliberare a maggioranza la costituzione di un fondo cassa/fondo
morosità da utilizzare a compensazione delle rate mancanti, non può
suddividere sui condomini non morosi le somme e relativi penali o
interessi di mora dovuti alla condotta di singoli.
La Cassazione ha ammesso come unica eccezione una delibera a
maggioranza in merito alla creazione di un fondo cassa, la situazione di
urgenza che si instaura quando il creditore notifica al condominio il
precetto delle sue spettanze, e la mancata assenza del blocco dell’azione
esecutiva porta l’interruzione di servizi di condominio di particolare
importanza, quali riscaldamento, ascensori, luci (Corte suprema di
cassazione, sent. n. 13631 del 5 novembre 2001, pag. 2025).
Ciò vale a titolo provvisorio e temporaneo, salvo conguaglio a favore dei
condomini non morosi e avvio da parte dell’Amministrazione delle
iniziative necessarie per avere il pagamento degli oneri insoluti dal
debitore.
Per il caso generale, gli art. 1294 e 1295 c.c. indicano due modi
alternativi per ripartire le obbligazioni: i condebitori sono tenuti in
solido (art. 1294), i coeredi dividono l’obbligazione in proporzione alle
quote (art. 1295).
Secondo l’art. 1313, quando ci sono più debitori e l’obbligazione è la
stessa, ciascuno è tenuto a pagare la sua quota di debito.
La legge non menziona il criterio della divisibilità dell’obbligazione, per
stabilire se la responsabilità sia solidale o meno, ma è quanto la
giurisprudenza interpreta dagli art. 1294 e 1313 c.c.
Art. 1294.
Solidarietà tra condebitori.
I condebitori sono tenuti in solido, se dalla legge o dal titolo non risulta
diversamente.
Art. 1313.
Insolvenza di un condebitore in caso di rinunzia alla
solidarietà.
Nel caso di rinunzia del creditore alla solidarietà verso alcuno dei
debitori, se uno degli altri è insolvente, la sua parte di debito è ripartita
per contributo tra tutti i condebitori, compreso quello che era stato
liberato dalla solidarietà.
La Cassazione ha motivato la decisione constatando che il conferimento
di un appalto da parte di una pluralità di committenti non è sufficiente
perché si applichi l’art. 1294 del codice civile, relativo alla solidarietà fra
condebitori.
Oltre alla stessa causa del debito, serve anche la sua non-divisibilità,
requisito assente per le spese condominiali, che sono ripartite per
millesimi.
Alle obbligazioni condominiali deve applicarsi l’art. 1295 del c.c., simile
alla ripartizione dei debiti fra coeredi.
Caso particolare a latere è la responsabilità solidale fra acquirente e
vecchio proprietario. La giurisprudenza ha interpretato tale
responsabilità in modo restrittivo rispetto al passato, confermando
l’orientamento verso una responsabilità personale e non più solidale
delle obbligazioni dei condomini.
Il nuovo proprietario risponde in modo solidale col vecchio solamente
per le spese deliberate e/o sostenute dal condominio nell’anno in corso e
quello precedente l’acquisto, da solo per le spese più vecchie.
Condomini morosi
Dott. Piero Antonio Esposito

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